Fra le cose che ho ereditato da mio papà c’è il gusto per i documentari. Da piccola tutta la mia famiglia aveva un appuntamento settimanale fisso che era SuperQuark, dove Piero Angela ci iniziava ai misteri della Scienza. Di tutto il programma la parte che più mi interessava era il documentario iniziale, quello sugli animali e sulla natura. Restavo imbambolata per tutto il tempo a guardare pesci tropicali fantasiosi e fiere selvagge nelle pianure africane. Crescendo poi ho appreso da mia mamma un’abitudine molto preziosa, quella di differenziare i rifiuti. Ricordo che mia madre lo faceva ben prima che diventasse prima una moda e poi un’ordinanza comunale. Fin da piccola ho sempre diviso plastica, da carta e rifiuti non differenziabili. Devo poi a Marco, vecchio amico del liceo, il vero rispetto per l’ambiente. Lui era veramente votato a preservare la natura e l’ecosistema, contagiandomi con queste attenzioni verso il verde che in breve sono diventate più che attenzioni, un vero stile di vita. Eppure, nonostante il debito di gratitudine verso queste persone che mi hanno progressivamente sensibilizzato in questa direzione, purtroppo non è ancora abbastanza, perchè il nostro Pianeta ci sta mandando dei segnali inqeuivocabili che il punto di non ritorno è già arrivato.
In questo senso penso che sia molto utile a tutti vedere il documentario Before the flood – Punto di non ritorno, realizzato da Leonardo Di Caprio e Fisher Stevens in collaborazione con National Geographic. Leonardo Di Caprio è sicuramente un personaggio fuori dalle righe, estremo per certi versi. Da molti anni si è votato alla causa dell’ambiente, diventando, proprio a causa di questa vocazione, Messaggero di Pace per le Nazioni Unite. Qualcuno ha criticato questa sua presa di posizione, sostenendo che una persona coì poco esperta su questo tema certo non poteva appellarsi ai capi delle grandi nazioni, non avendo adeguate nozioni ed argomentazioni. Io penso invece che un personaggio della sua fama mondiale abbia un fortissimo potere ed una grande capacità nell’influenzare, non solo i potenti, ma soprattutto la gente comune, alla sensibilizzazione. Questo documentario è una conferma a questo pensiero, tant’è che molte persone lo hanno visto più che altro perché spinte dalla curiosità di vedere Di Caprio in scena. Quindi, in un modo o nell’altro, la sua presenza ha sortito l’effetto desiderato.
Il documentario è veramente ben fatto, complice anche una regia accurata come quella di Fischer, che regala delle panoramiche veramente mozzafiato, sia sulla natura rigogliosa, che sulla terra morente. Le tematiche affrontante infatti sono molteplici, tutte legate all’effetto devastante dell’inquinamento mondiale sull’ambiente. Il viaggio, durato due anni, parte dalle Great Canadian Oil Sands ad Alberta, in Canada, dove viene estratto petrolio attraverso un sistema che sta gravemente danneggiando l’ecosistema.
Successivamente viene mostrato il Circolo Polare Artico, interessato da un massiccio scioglimento dei ghiacciai, cosa che ha un impatto irreversibile anche su tutto il resto del Pianeta. Infatti viene mostrato anche come l’innalzamento del livello del mare stia avendo conseguenze disastrose su gran parte delle città che vi si affacciano, come Miami, che sta innalzando la quota delle strade per evitare che queste vengano ciclicamente allagate
Un capitolo del viaggio è dedicato alla Cina, che sta vivendo in prima persona le conseguenze dell’inquinamento, visibile nelle metropoli avvolte da una nebbia fatta di smog. Nel documentario vengono spiegate anche le misure che la Cina sta adottando per dirigersi verso il consumo di risorse rinnovabili come il solare e l’eolico, sperando di diventare un monito ed un esempio per tutti i Paesi industrializzati. Ovviamente non si possono ignorare i Paesi in via di sviluppo che si trovano oggi a dover fare i conti con lo scempio fatto dai Paesi più avanzati, i quali richiedono – forse con la coscienza del passato non troppo pulita – maggiore consapevolezza nell’utilizzo delle energie, giacché l’India, ad esempio, utilizza prevalentemente carbone per raggiungere questo sviluppo energetico, pur conscia dei possibili cambiamenti climatici che l’uso massiccio di questo combustibile può provocare.
Un capitolo piuttosto triste è dedicato alle isole del South Pacific, dei veri paradisi terresti come Palau e Kiribati, che stanno progressivamente scomparendo poiché il mare sta letteralmente fagocitando le coste, spingendo le popolazioni a trasferirsi nell’entroterra, che non dispone delle sufficienti risorse per mantenre tutti gli indigeni. Tuttavia, l’immagine più straziante è quella che mostra intere barriere coralline completamente morte: un’ecatombe che fa stringere il cuore, causata proprio dalle emissioni inquinananti, che il mare assorbe costantemente. Anche la deforestazione ha un impatto terrificante sul nostro ecosistema poiché sono proprio le foreste ad avere un ruolo fondamentale nel mantenere il fragile equilibrio ambientale del nostro Pianeta. Viene affronatata la molto attuale e spinosa questione dell’olio di palma, che, finalmente qualcuno spiega chiaramente, non rappresenta un pericolo per la salute quanto un pericolo per l’ambiente. L’olio di palma è infatti l’olio alimentare a più basso costo e viene quindi inserito nella maggior parte degli alimenti, riducendo le spese di produzione. Questo comporta una coltivazione massiva delle palme da olio, con la conseguenza che intere aree vengono disboscate e date alle fiamme per recuperare aree coltivabili, creando immissioni massicce e depauperando l’habitat naturale di molti animali che rischiano l’estinzione. Tenete presente che l’iperbolico incremento dell’utilizzo dell’olio di palma ha indotto la distruzione dell’80% delle foreste dell’Indonesia, un dato ben più che spaventoso.
Questo documentario è molto diretto e ci mette davanti a delle situazioni, a dei dati, a delle previsioni davvero sconfortanti. Tuttavia lancia anche un messaggio positivo, di speranza, perché è ancora possibile invertire il senso di marcia, adottando uno stile di vita più consapevole, ad esempio, limitando i consumi ed esercitando una scelta, nel nostro piccolo, anche a livello quotidiano, selezionando prodotti che abbiano minor impatto e quindi conseguenze. Ma Before the flood ci fa capire che anche se siamo al punto di non ritorno, possiamo ancora fermarci e cambiare la storia, ma soprattutto il futuro, spingendo chi ci governa ad agire in maniera rapida e decisa per rivedere la questione ambientale, adottando fonti di energia rinnovabili in maniera capillare e sistematica.
Il mio invito, la mia preghiera, va a tutti voi, perché guardiate questo documentario, lo condividiate, ne parliate almeno con una persona e che questa faccia lo stesso, perché la questione ambientale ci riguarda tutti ma soprattutto riguarda le generazioni future, che meritano di vedere la nostra Terra bella come abbiamo potuta vederla noi.
QUI TROVATE IL LINK AL DOCUMENTARIO BEFORE THE FLOOD – PUNTO DI NON RITORNO.
Si tratta solo di un’ora e mezza del vostro trmpo che vi posso assicurare sarà ben spesa.
«Penso alla vergogna che proveremo quando i nostri figli ed i nostri nipoti capiranno che noi avevamo la possibilità di fermare questo scempio ma che semplicemente non c’era la volontà politica di farlo»
(Leonardo Di Caprio, Discorso per la Firma dell’accordo per il Clima di Parigi, New York, 2014)
Sono davvero curioso di guardarlo, sebbene dicano che tratti tutto in modo semplicistico, secondo me può risultare efficace, anzi me lo confermi anche tu.
RispondiEliminaGrazie del link :)
Penso che sia una scelta stilistica trattare l'argomento in maniera semplicistica, in modo di arrivare al grande pubblico. Se documentari di questo genere fossero trattati in maniera puramente scientifica sarebbero appannaggio di un pubblico esclusivamente tecnico e quindi molto ristretto, fallendo l'obiettivo della diffusione massiva.
EliminaSono sicura che ti piacerà!