Qualcosa mi dice che non sarà certo questo post ad illuminarvi su quanto schifo sta facendo il 2020: ho come la sensazione che sia un pensiero abbastanza condiviso! Ma perché mi dovrei privare della gioia di annotare tutto il mio disagio di quest'anno qui, nel mio diario, così che nel 2046 potrò rileggerlo dicendo, con la classe e lo stile che mi contraddistinguono: "STICAZZI!".
Sicuramente c'è tanta gente (ma tanta tanta) che se l'è passata decisamente peggio di me. Ma poiché non ho mai amato la gara del chi sta peggio, non voglio pensare a loro, ai quali va tutta la mia stima per non avere ancora scelto la terapia della clinica Lacuna Inc. per poi farsi ibernare e risvegliarsi quando i negazionisti si saranno estinti e con loro il Covid. Dicevo, voglio pensare a me, visto che nel 2020 ho registrato un record personale, sicuramente molto invidiato da qualsiasi asociale che in questa pandemia ha visto l'opportunità di non dover più inventare scuse al limite del paranormale per saltare un aperitivo e fare binge watching su Netflix: nel 2020 ho trascorso 80 giorni di isolamento! No, non parlo della semplice quarantena alla quale è stata sottoposta la totalità della popolazione italiana in primavera, che per allinearci all'itanglese meneghino, abbiamo ribattezzato "lockdown". Parlo di isolamento vero, senza poter neanche fingere di essere Rocky Balboa per andare a correre nel parco o rapire il cane del vicino per portarlo a fare il giro del quartiere. Parlo di isolamento senza contatti con l'esterno se non attraverso i serramenti di casa: porta chiusa oltre la quale qualche anima pia lasciava la spesa o ritirava la spazzatura; finestre sotto le quali qualcuno passava urlando come Romeo sotto al balcone per sapere se ero viva. Parlo di questo isolamento qua. Per due volte.
Perché sono una perfezionista e penso sempre che la seconda volta le cose ti vengono meglio. Quindi se in primavera sono stata costretta all'isolamento per quasi due mesi perché la mia congiunta convivente era positiva, in autunno ho deciso di portare l'esperienza all'estremo, positivizzandomi e rinchiudendomi di nuovo per un mese, ma questa volta da sola! Ho sempre amato le sfide difficili, tipo spiegare ai miei amici fisici che si dice "mi" e "ni" e non "mu" e "nu".
80 giorni non sono proprio pochi, sono quasi tre mesi, un'intera stagione. Quindi ho trascorso quasi un quarto dell'anno chiusa in un appartamento (ovviamente SENZA giardino, SENZA terrazzo, SENZA vista del cielo, SENZA una corretta esposizione al sole, cosa che ha fatto decadere la poca Vitamina D che ho già normalmente conducendola all'estinzione). Ma non è solo la mia futura osteoporosi ad aver beneficiato dell'isolamento: l'insonnia, per esempio, ha toccato vette sconosciute, permettendomi di leggere per intere notti, e di accelerare il processo di ossidazione ed invecchiamento precoce. Quindi pelle grigia ed occhiaie, due lasciti incancellabili di questo 2020. Che per carità poteva andarmi peggio, ma sono sempre bionda e noi bionde abbiamo scale di valori diverse.
Per non parlare dell'equilibrio mentale, questo sconosciuto. Non che l'instabilità sia una cosa nuova, da queste parti, però sai, parlare con i quadri di casa non è proprio il massimo perché sono un po' snob e tendono a non rispondere (qualcuno mi ha saggiamente detto che finché non ti rispondono allora va tutto bene!). Tuttavia la solitudine forzata mi ha permesso di fare un esercizio molto importante (e non parlo solo degli squat che mi hanno fatto perdere 4 cm dai fianchi, assieme ad una dieta ipocalorica a base di bacche e cartoni della pizza - ma niente pizza perché fa mille calorie), ovvero mi ha permesso di concentrarmi su di me. Io sono molto brava a concentrarmi, così bene che mi isolo dal mondo e posso anche non accorgermi che mi state offrendo una brioche alla marmellata, ma questa attitudine la riverso in tutto tranne che in me stessa. A me stessa ci penso dopo. Ma in questo isolamento non avevo veramente niente a cui posticipare il mio pensiero quindi mi è toccato concentrami. E ho fatto bene, perché 35 anni è veramente un po' tardi per concentrarsi su se stessi, per capire cosa si vuole o non si vuole nella vita, dove si vuole stare o non stare ma soprattutto, con chi vuoi stare e con chi no. Ho applicato il magico potere del riordino ai miei pensieri, ne ho gettati via tanti, con estrema leggerezza alcuni, con straziante disperazione altri, ma ho trattenuto solo quelli essenziali, quelli che mi fanno bene.
E se ti fermi a pensare un momento scopri che non ci sono tantissime cose che ti fanno stare veramente bene, ma quelle poche ti riempiono in ogni spazio e non serve nient'altro.
Credo che nessuno possa invidiare un'esperienza simile, soprattutto se non si può neanche avere la consolazione di un terrazzino minuscolo da cui guardare il cielo o farsi abbracciare dal sole. Per quel che vale - cioè nulla, me ne rendo conto - hai tutta la mia solidarità.
RispondiEliminaCome scrivi e racconti le cose sono sempre maledettamente puntuali e disarmanti.
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