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INGEGNERIA APPLICATA | Tenacità

INGEGNERIA APPLICATA | Tenacità

Era il lontanissimo 2014 quando scrissi su questo blog per la prima volta della resilienza. All'epoca non era un concetto così di tendenza, non veniva considerata una soft skill dalle aziende in sede di colloquio d'assunzione (anche se molto spesso quello che le aziende cercano più che "resilienza" è "sottomissione"), non era un hashtag su Instagram da quattrocentosessantamila post (la maggior parte recanti citazioni di pseudopoeti contemporanei* o selfie il cui nesso con il concetto mi risulta ancora non chiarissimo). La prima volta che ci incappai, come racconto nel post del 2014, era per gli studi che stavo affrontando tra il legame sforzo-deformazione di un materiale. Allora scrissi, che "la resilienza è l’energia elastica assorbita da un campione di materiale deformato elasticamente: graficamente, nel piano di sforzo-deformazione è l’area della curva sottesa dal tratto lineare". La tenacità, invece, può essere definita come la capacità che ha un materiale di assorbire energia e di deformarsi plasticamente prima della rottura e corrisponde all'area sottostante l'intera curva tensione-deformazione. Semplificando, immaginando di prendere un pezzo di acciaio e di sottoporlo ad una forza via via crescente, la resilienza si riferisce alle deformazioni che il metallo subisce nel primo momento, quello iniziale, mentre la tenacità tiene conto di tutto il tempo in cui continuo ad esercitare la forza sull'acciaio. Un  aspetto interessante è che la tenacità non è una caratteristica intrinseca del materiale ma dipende dalle condizioni in cui viene messo alla prova, per esempio la temperatura, la velocità di deformazione, la presenza di difetti. Semplificando ulteriormente, tanto più siamo tenaci, quanto più siamo in grado di sopportare le fatiche e le difficoltà a cui la vita ci sottopone; siamo tenaci quando impariamo ad accettare la vita, a deformarci consapevolmente per adattarci alle condizioni in cui ci troviamo, nonostante i nostri difetti e a tutto quello che ci capita intorno.

Pochi giorni fa un'amica mi ha detto "però, sei brava, con quello che stai passando a mantenerti così serena e tranquilla! Questa frase mi ha fatto molto riflettere. Ho riflettuto sulla mia evoluzione di questi anni, sulle prove che la vita mi ha sottoposto e al modo in cui le ho affrontate: ci sono stati momenti di incrudimento, di saturazione, di instabilità, insomma momenti difficili in cui la scelta più semplice sarebbe stata mollare tutto e crogiolarmi nell'autocompatimento (come potrei fare ora, per esempio). Ma per fortuna ho sempre profondamente creduto nel potere profondo di inerzia ed entropia, che spesso vengono considerate con un'accezione negativa; io invece le ho sempre viste come qualcosa in grado di riordinare ogni cosa con suprema chiarezza, seppur non nell'immediato. La mia fede quasi religiosa in queste due grandezze ha fatto maturare in me la consapevolezza che le cose vanno come devono andare, che ci dobbiamo impegnare e dare il meglio di noi sempre, ma ci sono dei momenti in cui non possiamo prevedere, non possiamo calcolare, non possiamo progettare; in quei momenti dobbiamo solo imparare a farci attraversare dalle cose e prenderne il meglio. Questi anni mi hanno resa tenace, non c'è pressoché nulla che mi intimidisce, sconvolge, spaventa. Non permetto agli eventi di prostrarmi ma attendo pazientemente (subendo ovviamente le inevitabili deformazioni che ogni evento ha su di noi), mi deformo per quanto necessario, mi adatto e vado avanti.

E se mi capitano momenti di sconforto,  come capitano a tutti, quando per qualche motivo non riesco a trovare la mia tenacità, mi fermo un istante, chiudo gli occhi e respiro profondamente, così quando li riapro la tenacità è di nuovo con me e mi sento invincibile.


*sì, sono una snob letteraria, mi dispiace se lo scoprite solo ora!

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